LA DINASTIA
Imperatori e Imperatrici
Grazie ad un’attenta ricerca, abbiamo selezionato le monete degli imperatori che dal punto di vista storico e numismatico sono le più richieste e collezionate in tutto il mondo. Clicca sul nome dell’imperatore di tuo interesse oppure scorri in basso per scoprire tutta la storia dei più importanti imperatori e imperatrici romane!
Gaio GIULIO CESARE
Marco Giunio BRUTO
CLEOPATRA VII e MARCO ANTONIO
Gaio Ottaviano AUGUSTO
TIBERIO Giulio Cesare Augusto
Gaio Giulio Cesare Germanico (detto) CALIGOLA
Tiberio CLAUDIO Giulio Cesare Germanico
ANTONIA
Nerone Claudio DRUSO
NERONE
Servio Sulpicio GALBA
Marco Salvio OTONE Cesare Augusto
Aulo VITELLIO Germanico Augusto
Tito Flavio VESPASIANO
TITO
Tito Flavio DOMIZIANO
Marco Cocceio NERVA
Marco Ulpio Nerva TRAIANO
Pompeia PLOTINA Claudia Febe Pisone
Publio Elio Traiano ADRIANO
Vibia SABINA
Lucio ELIO Cesare
Tito Aurelio Fulvo Boionio Arrio ANTONINO PIO
Annia Galeria Aurelia FAUSTINA (MAIOR)
Cesare MARCO AURELIO Antonino Augusto
Annia Galeria FAUSTINA (MINOR)
LUCIO Ceionio Commodo VERO
Annia Aurelia Galeria LUCILLA
Lucio Elio Aurelio COMMODO
Lucio SETTIMIO SEVERO
Giulia DOMNA
Marco Aurelio Antonino (detto) CARACALLA
Vario Avito Bassiano (detto) ELIOGABALO
Marco Aurelio ALESSANDRO SEVERO
Marco Antonio Gordiano Pio (detto) GORDIANO III
Gaio Messio Quinto Traiano DECIO
Annia Erennia Cupressenia ETRUSCILLA
Lucio Domizio AURELIANO
Gaio Aurelio Valerio DIOCLEZIANO
Marco Aurelio Valerio MASSIMIANO ERCOLE
Flavio Valerio COSTANZO CLORO
Flavio Valerio Aurelio COSTANTINO
Publio Flavio Galerio Valerio Luciniano LICINIO
Giulio COSTANTE
Flavio Claudio GIULIANO (detto) l’Apostata
Flavio VALENTINIANO I
Flavio TEODOSIO I
GALLA PLACIDIA
Elia PULCHERIA
Gaio Giulio Cesare
49-44 a.C.
Nato nel 100 a.C., Giulio Cesare ottenne le prime cariche pubbliche intorno ai 40 anni sull’onda del successo conseguito in grandi imprese militari, di cui fu anche puntiglioso cronista.
Nel 49 a.C. invase l’Italia alla testa delle sue truppe, costringendo alla fuga da Roma i suoi ultimi avversari interni, e da quel momento iniziò a esercitare un potere di tipo monarchico, pur nel rispetto formale delle istituzioni repubblicane.
Fra l’altro fu il primo romano a ottenere, o a imporre al senato, il diritto di essere effigiato sulle monete. Tutto ciò gli valse l’ostilità di senatori e personalità influenti della società romana che, in nome di un ripristino del potere reale che le istituzioni repubblicane avevano perduto, ordirono una congiura contro di lui. Giulio Cesare cadde pugnalato a morte mentre si recava in senato il 15 marzo dell’anno 44 a.C.
La monetazione di Giulio Cesare si inquadra in un periodo di disordine politico nel quale le varie emissioni non sempre obbediscono a criteri metrologici ufficiali. Quelle con l’effigie sono molto più rare e in maggioranza postume, coniate a opera dei suoi seguaci per celebrarne la memoria.
Marco Giunio Bruto
42 a.C.
Bruto nacque intorno all’anno 85 a.C. e parteggiò per gli oppositori di Giulio Cesare nella sanguinosa lotta per il potere che ne vide il trionfo. Essendo tuttavia molto apprezzato dallo stesso Giulio Cesare, conquistato definitivamente il potere, gli conferì importanti cariche pubbliche e, secondo una tradizione peraltro priva di riscontri, lo adottò. Ma Bruto, insofferente per il potere accumulato da Giulio Cesare e per il desiderio di ripristinare l’ordine costituzionale repubblicano, fu tra i promotori della congiura contro di lui e anzi, secondo la tradizione anche in questo caso priva di riscontri certi, partecipò personalmente alla sua uccisione.
Costretto a fuggire da Roma insieme agli altri congiurati dalla reazione dei seguaci di Cesare, fu da loro inseguito sino in Macedonia dove, battuto definitivamente sul campo nella famosa battaglia di Filippi, si suicidò nel 42 a.C.
Le monete che riportano il nome di Bruto, coniate tutte nel 42 a.C. in zecche itineranti che seguivano i movimenti dell’esercito allestito dai congiurati, sono in generale molto rare, ma quelle con la sua effigie sono della massima rarità. In particolare il denario d’argento, oltre all’effigie al diritto, riproduce al rovescio i simboli della congiura contro Giulio Cesare e la data della sua uccisione e costituisce una delle monete in assoluto più famose. Non esistono invece monete in bronzo al nome di Bruto. Peraltro, sul piano storico, anche le monete senza l’effigie di Bruto hanno uguale dignità collezionistica. Analoga considerazione si può fare per i denari coniati nel 54 a.C., quando Bruto assunse la carica di magistrato monetario, che comportava il diritto di far comparire il proprio nome sulle monete.
Cleopatra VII e Marco Antonio
37-31 a.C.
Cleopatra VII, erede della famiglia dei Tolomei che regnò sull’Egitto nei tre secoli precedenti l’era cristiana, fu invitata a Roma da Giulio Cesare nel 46 a.C. e vi si trattenne fino alla sua uccisione, rientrando ad Alessandria dopo tale evento. Rivendicava di aver avuto un figlio da Cesare e ne pretendeva il riconoscimento dai Romani con lo scopo evidente di unificare i due stati, ma, non riuscendo ad avere soddisfazione su questo piano, si avvicinò a Marco Antonio e ne conquistò il favore, inducendolo a sposarla, a stabilirsi ad Alessandria con lei e a restituire al regno dei Tolomei alcuni territori già conquistati dai Romani. Ciò valse a Marco Antonio l’ostilità dell’opinione pubblica romana, della quale Ottaviano, il futuro imperatore Augusto, si rese interprete con l’allestimento di una poderosa spedizione militare di terra e di mare che si confrontò con una forza analoga messa in campo dalla coppia avversaria. Lo scontro avvenne nel settembre del 31 a.C. nelle acque antistanti la città di Azio e vide la vittoria di Ottaviano, in una battaglia di grandissima importanza storica, poiché da lì trasse origine non solo il potere personale di Ottaviano, causa per Roma del passaggio definitivo dalla repubblica all’impero, ma anche l’assorbimento all’interno della civiltà romana del mondo ellenistico, di cui il regno dei Tolomei costituiva ormai l’unica entità in grado di essere autonoma da Roma. Travolto dagli eventi, Marco Antonio si tolse la vita poco dopo e Cleopatra ne seguì la sorte l’anno successivo offrendosi, secondo la leggenda, al morso di un aspide che si era fatta portare entro un canestro di frutta.
Esiste un’unica moneta relativa ai due personaggi: si tratta di un denario d’argento coniato ad Alessandria nel 34 a.C., che riproduce al diritto e al rovescio rispettivamente le effigi di Cleopatra e di Marco Antonio. È una moneta di grande rarità, oltre che di grandissimo fascino per il valore di testimonianza della vicenda umana e politica di una delle coppie più famose della storia.
Gaio Ottaviano Augusto
27 a.C. – 14 d.C.
Caio Ottavio, figlio di una nipote di Giulio Cesare, nasce nel 63 a.C. Rimasto orfano di padre, viene adottato da Giulio Cesare con il nome di Caio Giulio Cesare Ottaviano. Dopo l’uccisione del prozio, seppure ancora giovanissimo, prende in mano le redini del comando e annienta fisicamente e politicamente gli avversari di Giulio Cesare. Negli anni successivi Ottaviano consolida il suo potere personale fino a rimanere padrone assoluto del campo con la sconfitta e il suicidio di Marco Antonio. L’Impero Romano come entità giuridica statuale si fa tuttavia risalire solo al 27 a.C., anno in cui il Senato gli attribuisce formalmente il potere assoluto e il titolo di Augusto.
Nella parte centrale della sua vita Ottaviano, ormai comunemente chiamato Augusto, consolida i confini dell’Impero, assicurando a Roma un lungo periodo di pace, e attua riforme importanti: riporta alla razionalità il sistema monetario stabilendo un rapporto di valore fisso fra monete di metalli diversi. Da allora, nei secoli successivi e fino alla prima metà del secolo XX, le monete d’oro e d’argento avranno un valore nominale di scambio pari al valore del metallo in esse contenuto, mentre a quelle di lega a base di rame (bronzo o oricalco) sarà attribuito un valore nominale convenzionale, indipendente dal valore intrinseco del metallo. Augusto muore nel 14 d.C. all’età di 76 anni.
Tiberio Giulio Cesare Augusto
14-37 d.C.
Figliastro di Augusto, Tiberio nasce nel 42 a.C.. Nei primi decenni della sua vita, oscurato dai discendenti diretti dell’Imperatore, si dedica alla vita militare al comando di eserciti in varie parti dell’Impero. Solo nel 4 d.C., morti gli ultimi discendenti diretti, Augusto lo adotta e lo indica come suo successore. Abile amministratore ma di temperamento sospettoso, viene influenzato ad arte da collaboratori che perseguono obiettivi di potere personale e porta alla proscrizione, quando non all’eliminazione fisica, molti membri della famiglia imperiale, in particolare negli ultimi anni in cui, ritiratosi nella sua fastosa villa di Capri, esercita il potere indirizzando al Senato disposizioni scritte che non consentono repliche. Muore, fra il sollievo generale, nel 37 d.C. all’età di 79 anni.
La monetazione di Tiberio prosegue nel solco della riforma augustea e si caratterizza per l’uniformità dei tipi monetali prodotti. Il sesterzio di oricalco con ritratto è estremamente raro e può presentare l’effigie rivolta tanto a destra quanto a sinistra.
Caligola
37-41 d.C.
Caio Giulio Cesare Germanico, detto Caligola, nasce nel 12 d.C. e fin da ragazzo accompagna il padre, nipote di Tiberio, negli accampamenti militari indossando la calzatura tipica dei legionari detta “caliga”, da cui il soprannome che lo consegnerà alla storia. Negli ultimi anni del suo regno, Tiberio accetta la vicinanza del giovane Caligola, pur senza indicarlo formalmente come suo successore. Alla sua morte, Caligola appare il candidato ideale alla successione. Nei primi mesi di governo l’imperatore corrisponde alle aspettative, ma ben presto dà segni di squilibrio mentale e si abbandona a stranezze ed eccessi di ogni genere, durati tre lunghi anni, finché una congiura di pretoriani non lo elimina dalla scena, con sollievo generale almeno pari a quello che aveva accolto la morte del suo predecessore.
Le stravaganze di Caligola non riguardano la monetazione, che resta invece strettamente ancorata ai canoni della riforma augustea. Le sue monete, tutte di grande rarità per la relativa brevità del suo regno, in quanto documenti ufficiali non riportano mai il soprannome di Caligola.
Claudio
41-54 d.C.
Fratello di Germanico e zio di Caligola, Claudio, nato nel 10 a.C., non godendo di buona salute conduce vita ritirata e dedita agli studi, cosa che lo rende immune dalle proscrizioni di Tiberio. Tuttavia, dopo il torbido periodo di Tiberio e il burrascoso regno di Caligola, la sua età, già avanzata per l’epoca, e la sua saggezza di studioso sembrano la soluzione migliore per la successione. In effetti il regno di Claudio, grande amministratore, assicura alla società romana il periodo di stabilità di cui aveva grandemente bisogno. Dopo travagliate esperienze coniugali, sposa in quarte nozze la nipote Agrippina e ne adotta il figlio Nerone, che nomina suo erede. Muore nel 54 d.C, all’età di 63 anni, probabilmente avvelenato dalla moglie che aspira a vedere il figlio sul trono.
Anche la monetazione di Claudio ricalca senza alcuna variazione il sistema monetario introdotto da Augusto.
Nerone
54-68 d.C.
Nato nel 37 d.C. da Agrippina, Nerone si circonda inizialmente di saggi consiglieri, che riescono a neutralizzare la nefasta influenza che la madre pretende di esercitare su di lui. Tuttavia, a partire dal 62 d.C., mette da parte i collaboratori e si dà a ogni genere di nefandezze, tanto che a lui viene attribuito l’incendio che nel 64 d.C. distrugge il centro di Roma. Non esistono in proposito riscontri documentali, ma è accertato che abbia approfittato della distruzione per farsi erigere una dimora di straordinaria magnificenza, la Domus Aurea. Negli anni successivi, abbandona Roma per lunghi periodi, disinteressandosi del governo e soggiornando in varie località della Grecia, alla ricerca di ispirazione artistica e letteraria per soddisfare le sue maniacali aspirazioni nel campo. La vastità e complessità di gestione dell’Impero non consentono un tale comportamento, per cui serpeggiano rivolte nelle guarnigioni delle province occidentali, ciascuna delle quali proponeva il proprio comandante per la sostituzione di Nerone. La situazione precipita: deposto dal Senato e dichiarato nemico pubblico, dopo un tentativo di fuga Nerone si suicida, ponendo fine alla dinastia che aveva governato Roma dai tempi di Giulio Cesare e aprendo le porte al primo periodo di vera crisi istituzionale dell’Impero Romano.
Per quanto riguarda il governo della moneta, Nerone introduce una riforma i cui positivi effetti di stabilizzazione si protraggono per i successivi 150 anni; preso atto dell’aumento del valore di mercato dei metalli preziosi, che determinava la sparizione dalla circolazione delle monete d’oro e d’argento con gravi difficoltà agli scambi, egli riduce il peso di tali monete, lasciando invariati sia il valore nominale, sia il rapporto fra i relativi pesi.
Vespasiano
69-79 d.C.
Nato nel 9 d.C. Flavio Vespasiano, primo imperatore di famiglia non patrizia, emerge per meriti militari durante i regni di Claudio e di Nerone, dal quale riceve importanti incarichi di governo in varie province dell’Impero. Nel corso della crisi istituzionale seguita alla morte di Nerone si trova in oriente e non partecipa alle faide di potere per la successione. Ciononostante la sua candidatura, emersa all’interno degli ambienti militari, viene subito universalmente accettata. Richiamato a Roma, vi entra nel 69 d.C. già in veste di Imperatore, inaugurando una prassi di ingerenza dell’esercito nella vita politica che diverrà la norma nei secoli successivi. Dà inizio a un periodo di pace e di buona amministrazione, dedicandosi a dare al potere imperiale una veste costituzionale precisa che, pur senza mortificarle totalmente, mette fine alle istituzioni repubblicane. Risana le finanze dello stato attraverso l’eliminazione dei privilegi fiscali e promuove le opere pubbliche sia in Roma sia nelle province. La più nota è l’Anfiteatro Flavio, detto Colosseo, terminato solo dopo la sua morte. Muore nel 79 d.C., a 69 anni.
La sua monetazione segue i canoni della riforma introdotta da Nerone, fatto salvo il titolo del denaro d’argento che, durante il suo regno, scende ulteriormente al valore di 850.
Tito
79-81 d.C.
Figlio di Vespasiano, nasce nel 41 a.C. e fin da ragazzo segue il padre nei suoi incarichi. Alla sua morte, la successione di Tito rappresenta l’evoluzione naturale visto che Vespasiano aveva da sempre associato a sé il figlio in funzioni pubbliche. Durante quel periodo Tito aveva dato così buona prova di sé da meritarsi l’appellativo di “delizia del genere umano”. Il suo regno inizia perciò sotto i migliori auspici ma è funestato da grandi calamità, fra le quali la più famosa è l’eruzione del Vesuvio con la distruzione di Pompei, Ercolano e Stabia. Nell’occasione Tito offre ulteriore prova delle sue qualità umane e di governo. Uno dei rari momenti felici del suo regno è l’inaugurazione del Colosseo, avvenuta nell’anno 80 d.C. e celebrata con un periodo di magnifiche feste. Muore nell’anno 81 d.C., a soli 42 anni, nel rimpianto generale.
L’associazione di Tito al padre nelle funzioni pubbliche determina il fatto che le sue emissioni monetarie inizino molto prima della sua nomina a imperatore e non si distinguano da quelle del padre se non per l’effigie
Domiziano
81-96 d.C.
Figlio di Vespasiano, nasce nel 51 d.C.. Dieci anni più giovane del fratello Tito, fin dai primi anni di regno del padre viene anch’egli coinvolto in numerose funzioni pubbliche, sia pure di rilievo minore in ragione della sua più giovane età. Rivela subito l’invidia per il fratello e il carattere ambizioso e dispotico. Alla morte del padre reclama per se una parte dell’Impero e Tito, per assecondarlo, lo associa al trono proclamandolo suo successore. Morto anche Tito, nell’anno 81 d.C. Domiziano diviene Imperatore non senza l’opposizione del Senato. La contesa fra l’Imperatore e il Senato domina tutto il suo regno, oscurando anche la competenza con cui segue gli affari di stato. Mosso dalla vanagloria inizia discutibili guerre di consolidamento dei confini, con esiti non sempre favorevoli che tuttavia pretende di celebrare con il trionfo, il che rende necessario inasprire il prelievo fiscale e fa degenerare il rapporto con il Senato in lotta aperta. Ritornano i tempi delle congiure e del terrore finché una nuova congiura porta Domiziano alla morte, pugnalato nel suo stesso palazzo all’età di soli 45 anni.
Per quanto riguarda la monetazione, nell’ambito della sua politica ambiziosa, Domiziano tenta di riportare peso e titolo delle monete d’oro e d’argento ai valori precedenti alla riforma di Nerone, con una manovra dal risultato parziale e presto abbandonata dai suoi successori. Le monete d’oro e d’argento di Domiziano sono quindi di peso e titolo leggermente superiori.
Traiano
98-117 d.C.
Nasce in Spagna nel 53 d.C. da una famiglia locale di antiche origini, ma non romana. E’ il primo Imperatore di origine provinciale. Dotato di grandi capacità militari, non delude le aspettative anche in campo civile, meritando l’appellativo di “optimus princeps”: il suo regno è considerato uno dei migliori della storia non solo romana. In 19 anni di governo, porta l’Impero alla sua massima estensione territoriale. Innumerevoli sono le opere pubbliche, strade, ponti, porti, acquedotti, di cui Traiano promuove la costruzione in tutto l’Impero. Muore nel 117 per una malattia contratta in una spedizione militare in oriente e le sue ceneri vengono portate trionfalmente a Roma e deposte all’interno della Colonna Traiana, che assume quindi anche la funzione di monumento sepolcrale. Inizia il periodo più luminoso della storia di Roma, destinato a durare poco meno di 100 anni.
Sul piano monetario Traiano, dando prova di realismo e di saggezza amministrativa, pone quasi subito fine ai velleitari tentativi di rivalutazione delle monete d’oro e d’argento messi in atto da Domiziano e ritorna stabilmente ai pesi determinati dalla riforma di Nerone.
Adriano
117-138 d.C.
Nato nel 76 d.C., Adriano rimase orfano di padre e fu adottato dal cugino Traiano, che lo coinvolse fin da giovane nelle sue imprese militari. La successione avvenne perciò senza opposizioni, come una naturale evoluzione della situazione. Tuttavia, mentre Traiano era di temperamento guerriero, Adriano prediligeva le lettere, le arti, le scienze e la cultura in genere, pur essendo anche un valoroso comandante militare. Dimostrò subito il suo stile di governo venendo a patti con i Parti e gli Armeni e restituendo loro le terre conquistate dal suo predecessore, in cambio di una pace ai confini orientali che sarebbe durata a lungo anche oltre la sua morte. Assicurata la
pace, Adriano lasciò ai suoi collaboratori il compito di amministrare l’impero e si dedicò a viaggiare in tutte le province per ben 17 dei 21 anni di regno, con l’intento
di rafforzarne il legame con Roma e di dimostrare la vocazione universale dell’impero. Portò con sè i migliori tecnici e le migliori maestranze a disposizione, in modo tale da lasciare in ogni provincia traccia del suo passaggio, con la realizzazione di opere pubbliche di ogni genere che rispondevano alle esigenze delle comunità locali. Fra tutte, il famoso Vallo che porta il suo nome, destinato a proteggere i colonizzatori romani dalle scorrerie dei vicini, al confine settentrionale dell’impero, nell’attuale Gran Bretagna.
Adriano morì nel 138 d.C. a seguito di una lunga malattia dopo aver assicurato a Roma uno dei periodi di maggiore prosperità.
La sua monetazione, molto varia per quanto riguarda la celebrazione dei suoi viaggi, è stabile in quanto a peso e titolo delle monete e risponde totalmente ai canoni della riforma introdotta da Nerone.
Marco Antonio Gordiano Pio (detto) Gordiano III
238-244 d.C.
A partire dalla morte di Caracalla, il lento declino dell’impero romano subì un’accelerazione caratterizzata dalla progressiva perdita di territori periferici e dalla breve durata dei regni, generalmente conclusi con l’uccisione dell’imperatore e dei suoi familiari a seguito di congiure o insubordinazioni militari. Gordiano III, uno dei più significativi di questo periodo, fu acclamato imperatore in età giovanissima, probabilmente intorno ai 13 anni: non se ne conosce con certezza neppure l’anno di nascita. Anche lui dovette fronteggiare attacchi esterni e insurrezioni e il suo nome è legato soprattutto alla lunga e vittoriosa guerra contro l’esercito di Shapur I, re di Persia e fondatore della dinastia sasanide che, dalle sponde del Mediterraneo, minacciava di invadere la stessa Italia. Nel 244 d.C., mentre Gordiano era impegnato in Oriente contro i Persiani, i suoi oppositori interni, temendone il consolidamento al potere per effetto delle sue vittorie, tagliarono i rifornimenti alle truppe combattenti fino a provocarne la rivolta, che si concluse con l’uccisione del giovane imperatore.
Per quanto riguarda la monetazione, durante il regno di Gordiano III vigeva ancora la riforma di Caracalla, ma con pesi ridotti, come, in assenza di fonti scritte, si desume dall’esame statistico delle monete pervenute. Questo esame porta a definire come pesi teorici rispettivamente per l’aureo gr. 5,45, per l’antoniniano gr. 4,54 e per il denario d’argento gr. 3,03. Resta teoricamente invariato lo standard per il sesterzio e le altre monete in lega di rame, anche se di fatto prosegue la loro diminuzione di peso e diametro. A partire dagli ultimi anni del regno di Gordiano III, l’antoniniano, pur diminuendo progressivamente di titolo, resta l’unica moneta definibile d’argento, mentre il denario, ridotto nel titolo al solo valore di 50, diviene in brevissimo tempo una monetina di bronzo dal potere d’acquisto estremamente limitato.
Gaio Messio Quinto Traiano Decio
249-251 d.C.
Traiano Decio nacque nel 201 d.C. nei pressi dell’antica Sirmium (oggi Sremska Mitrovica), capitale della Pannonia inferiore nella suddivisione amministrativa dell’epoca: il territorio corrisponde a parte delle odierne Ungheria e Serbia. Messosi in luce come comandante militare, entrò a far parte del senato e a 45 anni gli fu affidato l’importante incarico di sedare la rivolta delle legioni di stanza nelle sue terre d’origine, che avevano nominato imperatore un loro comandante. Giunto sul posto, Traiano Decio non tardò a conquistare la fiducia dei legionari, che tuttavia non solo non cessarono la loro ribellione, ma anzi proclamarono imperatore lui, imponendogli di marciare contro Roma alla loro testa. Lo scontro con l’esercito inviato da Roma avvenne nel settembre del 249 d.C. nei pressi di Verona e si risolse a favore di Traiano Decio, la cui nomina a imperatore fu a quel punto ratificata dal senato. Insediatosi nella carica, Traiano Decio operò in due direzioni principali. Mise in atto un programma di realizzazione di strade e in genere di opere pubbliche di interesse militare e promosse la persecuzione dei cristiani, attraverso l’istituzione di commissioni composte da magistrati di provata fedeltà, che presiedevano alla celebrazione di sacrifici agli dei. Nella primavera del 251 d.C., dopo poco più di un anno di governo, Traiano Decio fu richiamato sul campo dall’invasione dei Goti, che avevano attraversato il Danubio e scorrazzavano liberamente sul territorio, assediando le guarnigioni romane nelle città. Dopo una campagna di scontri con esiti alterni, nel luglio del 251 d.C. Traiano Decio fu colpito gravemente e morì.
Relativamente alle monete, durante il periodo di governo di Traiano Decio proseguì la progressiva diminuzione di valore intrinseco dell’argento e del bronzo. Per quanto riguarda l’argento, l’emissione fu limitata quasi solo all’antoniniano con un titolo in argento sempre più basso mentre, per quanto riguarda il bronzo, il sesterzio scese a un peso di circa 20 grammi. A proposito del bronzo, ci fu anche l’emissione di un nominale del tutto nuovo, il doppio sesterzio, del peso di 40 grammi circa, la cui emissione non fu più proseguita dagli imperatori successivi.
Annia Erennia Cupressenia Etruscilla
ignota-dopo il 253 d.C.
Di Annia Erennia Cupressinia Etruscilla, di cui un ritratto scolpito particolarmente espressivo è conservato al Museo nazionale romano, si sa molto poco. Ignoti sono data e luogo di nascita. Forse di famiglia senatoriale, sposò Traiano Decio, che divenne imperatore nel 249 d.C. Di sicuro Etruscilla fu augusta dell’impero, forse proprio dal 249 d.C., e diede al marito almeno due figli, Erennio e Ostiliano. Traiano Decio morì nella battaglia di Abritto (251 d.C.), nell’attuale Bulgaria, in uno scontro con i Goti, in cui perì anche Erennio. La porpora imperiale andò allora a Ostiliano, ma a causa della sua giovane età la madre dovette assumere la reggenza. Il regno di Ostiliano, tuttavia, non durò nemmeno un anno, quando il giovane principe fu ucciso dalla peste.
La monetazione di Etruscilla non presenta differenze rispetto al marito Traiano Decio. Una curiosità: conosciamo il nome completo dell’augusta grazie alla legenda dei tetradrammi coniati per le colonie greche, che presentano l’abbreviazione CUP per Cupressenia.
Lucio Domizio Aureliano
270-275 d.C.
Aureliano fu uno degli imperatori più significativi del III secolo d.C. Giunse al potere attraverso una splendida carriera militare, acclamato dai suoi soldati nel 270 d.C. Pur avendo dedicato grande impegno nel respingere le incursioni nemiche dentro il territorio dell’impero e nella stessa Italia, Aureliano non mancò di dotare Roma di nuovi edifici e di munirla di una grande cinta fortificata di mura che porta il suo nome e che in parte è ancora oggi visibile. Anche il suo regno, come avvenne per quasi tutto il terzo secolo, terminò nel sangue, con l’uccisione dell’imperatore da parte dei suoi stessi collaboratori, nel corso di una delle molte spedizioni militari in Oriente.
La figura di Aureliano occupa un posto di rilievo anche nella monetazione, per il suo tentativo di rimettere ordine nel sistema monetario, ormai caduto nella più totale confusione. L’antoniniano e il denario erano divenute piccole monete di bronzo senza più tracce d’argento ed erano perciò venute a cessare le condizioni per coniare sesterzi che, pur ridotti ulteriormente e drasticamente nel peso e nel diametro, mantenevano un peso maggiore a parità di metallo rispetto agli antoniniani e ai denari, mentre avrebbero dovuto rappresentarne un sottomultiplo. Aureliano mira a ripristinare il sistema monetario di Caracalla, riuscendoci solo con l’aureo, riportato al peso teorico di gr. 6,54. L’antoniniano invece riprende il diametro e la gradevolezza estetica dei tempi di Caracalla ma solo per effetto di un’argentatura superficiale che ne lascia il titolo al bassissimo valore di 50 con un peso teorico di gr. 3,89.
Gaio Aurelio Valerio Diocleziano
284-305 d.C.
Diocleziano, brillante comandante militare di origini dalmate, fu acclamato imperatore dai suoi soldati nel 284 d.C., secondo la prassi di quel periodo. Associò al trono Massimiano, suo fido compagno d’armi, con cui, diviso l’impero in zone di competenza, iniziò un’opera di stabilizzazione dei confini e di eliminazione delle continue rivolte interne durate circa un decennio. Convinto che la difesa dei confini potesse essere assicurata solo in assenza di secessioni interne, Diocleziano concepì una riforma costituzionale che articolava il potere imperiale in una tetrarchia, composta da due augusti, ciascuno con competenza territoriale limitata, e due cesari, destinati a succedere ai due augusti, ma già titolari di poteri e responsabilità effettive e autonome. La riforma entrò in vigore nel 294 d.C. con la prima tetrarchia, composta da Diocleziano e Massimiano (augusti) e Galerio Massimiano e Costanzo Cloro (cesari). Nel 305 d.C. Diocleziano, sentendo conclusa la sua opera ai vertici dello stato, abdicò insieme a Massimiano, lasciando il potere ai cesari, che divennero augusti, e ritirandosi in una splendida villa dove morì nel 313 d.C.
Diocleziano, preso atto del disordine monetario in corso da decenni, introduce negli anni 293-294 d.C. una radicale riforma. Declassa denari e antoniniani a numerari di bronzo di valore più basso e articola così il suo sistema monetario: una moneta di bronzo argentato del probabile valore di 8 denari, del peso teorico di gr. 15 circa, ma in realtà abbastanza inferiore, e di diametro compreso fra 27 e 29 mm, secondo la tradizione numismatica impropriamente denominata follis; una moneta d’argento di buon titolo, circa 950, in tutto simile al denario della riforma di Nerone, del peso teorico di gr. 3,41 e del probabile valore di 25 denari, definita argenteo, non essendo noto quale fosse il nome dell’epoca; l’aureo, del peso teorico di gr. 5,45, pari a quello stabilito dalla riforma di Caracalla, del valore di 25 argentei e quindi di 625 denari.
Marco Aurelio Valerio Massimiano Ercole
286-310 d.C.
Nato a Sirmium intorno al 250 d.C., Marco Aurelio Valerio Massimiano Ercole, noto semplicemente come Massimiano – o Massimiano Ercole per distinguerlo da Galerio Massimiano – si mise in luce come comandante militare e, in tale veste, fu molto apprezzato da Diocleziano, che fece di lui il suo primo collaboratore, nominandolo cesare nel 285 d.C. e associandolo all’impero come coreggente l’anno successivo. Massimiano stabilì la sua sede a Mediolanum, l’attuale Milano. Terminate con successo anche le campagne militari in Spagna e Mauritania nel 298 d.C., Massimiano rientrò in Italia dove esercitò il potere come augusto, nell’ambito della riforma tetrarchica voluta da Diocleziano. Nel 305 d.C., quando Diocleziano si dimise dalla carica e si ritirò a vita privata, Massimiano fu costretto a un passo analogo ma, verso la fine del 306 d.C., tentò di rientrare in gioco appoggiando la ribellione del figlio Massenzio. Tuttavia, resosi conto del fatto che la ribellione di Massenzio metteva in discussione le basi dell’impianto tetrarchico voluto da Diocleziano e da lui stesso approvato, Massimiano abbandonò il figlio e si mise sotto la protezione di Costantino, il futuro imperatore, che era divenuto cesare con sede a Treviri. Costantino chiamò in causa Galerio, l’augusto con competenza sul suo territorio di riferimento, che chiese all’anziano Diocleziano di intervenire per convincere Massimiano a rinunciare ad ogni pretesa di potere. Di fronte a quell’intervento Massimiano fu costretto a piegarsi ma nel 310 d.C., approfittando del fatto che Costantino era impegnato in operazioni militari sul Reno, mise in atto un ultimo tentativo di riprendersi un ruolo da protagonista. Ormai abbandonato anche dalle legioni che gli erano sempre state fedeli, Massimiano fu costretto alla fuga e fermato a Massilia – l’attuale Marsiglia – dove fu raggiunto dagli emissari di Costantino che lo costrinsero al suicidio.
Le emissioni monetarie di Massimiano, simili a quelle di Diocleziano, sono in netta prevalenza successive alla riforma monetaria introdotta da Diocleziano. Sono anche di analoga rarità, con l’eccezione degli aurei: la circostanza non deve stupire dal momento che la suddivisione dell’impero in due parti di dimensioni simili comportava un’analoga divisione anche delle emissioni monetarie.
Flavio Valerio Costanzo Cloro
305-306 d.C.
Di stirpe probabilmente nobile, Costanzo, detto Cloro per il pallore della sua carnagione, nacque intorno al 250 d.C. in Dardania, una regione dei Balcani corrispondente a grandi linee all’attuale Macedonia del Nord. Dopo aver servito nell’esercito sotto gli imperatori Aureliano e Probo, nel 282 d.C. fu nominato governatore della Dalmazia dall’imperatore Caro. Entrato nell’entourage di Massimiano fu da questi chiamato al ruolo di Cesare nel 293 d.C., quando fu istituita la riforma tetrarchica voluta da Diocleziano e Massimiano stesso. Come sede del suo governo fu scelta Treviri, l’odierna Trier, con giurisdizione sulla Gallia, la Spagna e la Britannia, che fu da lui di fatto riconquistata nel 296 d.C. Mettendo a frutto il suo intuito e una grande abilità militare, per tutta la durata del suo governo riuscì a contenere la pressione delle tribù germaniche stanziate sulla riva destra del Reno e, nonostante l’editto del 303 d.C., con il quale Diocleziano mise al bando il cristianesimo, dimostrò grande tolleranza nei confronti dei cristiani, probabilmente per l’influenza di Elena, con la quale non è noto se contrasse matrimonio, ma che fu la madre di Costantino, il futuro grande imperatore. Nel 305 d.C., quando Diocleziano e Massimiano si ritirarono dal potere, secondo le regole dell’istituzione tetrarchica, Costanzo divenne Augusto in occidente, al posto di Massimiano, ma dovette subire l’imposizione di Severo come Cesare, contrariamente alle sue attese che erano rivolte verso il figlio Costantino. Tuttavia nel 306 d.C., mentre affrontava una delle innumerevoli intrusioni delle tribù barbare in Britannia, Costanzo morì a Eboracvm, l’odierna York, e le sue truppe proclamarono imperatore Costantino che lo aveva seguito in Britannia, dando inizio a lotte intestine che avrebbero reso instabili i governi delle successive tetrarchie.
La monetazione di Costanzo Cloro non presenta novità rispetto ai predecessori.
Flavio Valerio Aurelio Costantino
307-337 d.C.
Costantino, figlio di Costanzo Cloro, uno dei due cesari divenuto augusto dopo l’abdicazione di Diocleziano, nacque nel 274 d.C. Morto il padre, nel 307 d.C. si proclamò a sua volta augusto dando vita a un periodo di sanguinose guerre interne culminato nel 312 d.C. con la battaglia ai Saxa Rubra presso il ponte Milvio, alle porte di Roma. In quello scontro, secondo la leggenda Costantino, aiutato dall’intervento divino, sconfisse Massenzio, ultimo avversario in Occidente, e fece il suo ingresso trionfale in città, condividendo il potere solo con il cognato Licinio che governava in Oriente. Nel decennio successivo, si dedicò a consolidare il potere, introducendo importanti innovazioni, fra le quali la libertà di culto per i cristiani sancita dall’editto che porta il suo nome. Nel 324 d.C. attaccò e sconfisse anche Licinio e iniziò a preparare una nuova capitale per l’impero: Bisanzio fu ampliata, fortificata e, con il nome mutato in Costantinopoli, divenne ufficialmente sede dell’imperatore nel 330 d.C. Sentendo declinare le forze, Costantino si preoccupò di assegnare a ciascuno dei tre figli una parte dell’impero, nella speranza, rivelatasi poi vana, di evitare guerre fratricide per la successione. Morì di malattia nel 337 d.C. all’età di 63 anni.
La riforma costituzionale di Diocleziano aveva accentuato la tendenza all’autonomia di ogni provincia: anche gli aspetti monetari ne risentirono con emissioni locali che difficilmente si inserivano in un quadro generale razionale. Le monete più significative del periodo costantiniano sono: una moneta d’oro, denominata solido, del peso teorico di gr. 4,54, caratterizzata dall’essere molto più sottile, ma di diametro maggiore rispetto all’aureo di Diocleziano; una moneta d’argento del peso teorico di gr. 3,41, come l’argenteo di Diocleziano, ma più sottile e di diametro maggiore, denominata siliqua; una moneta di bronzo priva di tracce di argentatura, che, partendo dai valori del follis di Diocleziano, scese progressivamente di peso e di diametro fino a raggiungere i valori minimi di gr. 1,7 e di mm. 15 e che, come per Diocleziano, la tradizione numismatica ha definito a seconda delle dimensioni follis oppure follis ridotto.
Publio Flavio Galerio Valerio Luciniano Licinio
308-324 d.C.
Nato in Illiria intorno al 265 d.C. da una famiglia contadina, nel 297 d.C. prese parte con Galerio alla campagna contro i Persiani e nel 307 d.C. contribuì attivamente alla repressione della rivolta di Massenzio, conclusa la quale fu chiamato da Galerio ad affiancarlo con il ruolo di augusto nella IV Tetrarchia. Alla morte di Galerio, avvenuta nel 311 d.C., Licinio si trovò a spartire il potere con i due cesari, Massimino Daia e Costantino, che aspiravano entrambi al ruolo di augusto. Dopo un primo periodo nel quale seppe abilmente giocare l’uno contro l’altro, Licinio scelse l’alleanza con Costantino, per suggellare la quale sposò la sua sorellastra Costanza, e affrontò Massimino Daia nel 313 d,C., sconfiggendolo in battaglia nei pressi di Adrianopoli. Secondo gli accordi, Licinio si confermò così come augusto nella parte orientale dell’impero e lasciò il campo libero a Costantino nella parte occidentale. Tuttavia, ben presto i rapporti fra i due si fecero tesi perché nel 315 d.C. Costantino intervenne a sedare una rivolta nelle province a ovest della Tracia, che Licinio considerava territorio di sua competenza. Risolta questa controversia con la cessione a Costantino di quei territori, sorsero altri motivi di frizione fra i due, in particolare l’atteggiamento ostile assunto da Licinio nei confronti dei cristiani, fino a quando la situazione non degenerò in una guerra aperta, conclusasi nel 323 d.C. con la piena sconfitta di Licinio. Privato di ogni potere e confinato a Tessalonica, nel 324 d.C. Licinio fu accusato, non è chiaro se a torto o a ragione, di complottare contro Costantino e senza tanti indugi messo a morte.
La monetazione di Licinio non presenta coniazioni in argento, in quanto siamo nel periodo della transizione fra l’argenteo della tetrarchia e l’introduzione della Siliqua da parte di Costantino, ma mai adottata da Licinio.
Flavio Giulio Costante
337-350 d.C.
Quando alla morte del padre fu nominato augusto, Costante I non ebbe il tempo di rallegrarsi: quarto figlio di Costantino I e della seconda moglie Fausta, era stato designato successore insieme ai fratelli maggiori Costantino II e Costanzo II e ai cugini Dalmazio e Annibaliano. In rapida sequenza furono trucidati i cugini e tutto il ramo famigliare dalla parte dello zio, poi fu la volta dei fratellastri del padre. Nonostante la divisione della giurisdizione territoriale dell’impero con i due fratelli – a Costante toccarono Italia, Africa, Pannonia, Dacia, Macedonia e Acaia – venne allo scontro con Costantino II, che sconfisse nel 340 ad Aquileia, acquisendone i territori e divenendo imperatore d’Occidente. Combatté con fortuna i Franchi, attraversò La Manica, sbarcò in Britannia: fu l’ultima volta che un imperatore romano mise piede in quella provincia. Per alcuni anni assicurò la pace nelle province occidentali, poi i contrasti arrivarono dai dissapori con il fratello Costanzo II per motivi religiosi. Costante favoriva infatti i vescovi fedeli alle indicazioni del concilio di Nicea, contro gli ariani, sostenuti da Costanzo II. Di comune accordo i due fratelli repressero il donatismo, una deriva scismatica diffusa in Africa, e proibirono la magia e i culti pagani. Costante fu poco amato dal popolo e dall’esercito, che gli rinfacciavano l’eccessiva influenza esercitata dai suoi favoriti e la diffusa corruzione. Nel 350 il dissenso si trasformò in congiura: Costante venne dichiarato decaduto dal comandante Magnenzio; fuggì in Spagna dove fu raggiunto e ucciso da un sicario.
Prima di Costante, il padre Costantino aveva fondato il sistema monetario sulla stabilità del solido aureo (gr. 4,48, equivalente a 24 silique d’argento) relegando in secondo piano il denario di rame. Si discute delle conseguenze generali che ne risultarono: se cioè nel IV secolo l’economia restasse caratterizzata dall’antitesi tra economia naturale, cui avrebbero tenuto funzionari e alti gradi dell’esercito, ed economia monetaria, cui sarebbero stati interessati i contribuenti, o non piuttosto da una contrapposizione tra l’economia dell’aureo, su cui si sarebbe fondato il potere delle classi dirigenti, e quella del denario, al cui potere d’acquisto era connessa la capacità economica della piccola borghesia e degli strati più bassi del proletariato, che dalla riforma monetaria di Costante sarebbero stati del tutto rovinati.
Flavio Claudio Giuliano (detto) l’Apostata
361-363 d.C.
Giuliano, ultimo imperatore della famiglia di Costantino, nacque a Costantinopoli nel 331 d.C. e visse la gioventù confinato in isolamento dal cugino Costanzo, uno dei tre figli di Costantino, che ne temeva la concorrenza per il potere. Si dedicò quindi agli studi, accostandosi ai classici della letteratura e della filosofia antica. Maturò un forte risentimento verso la religione cristiana, che era obbligato a praticare contro la sua volontà. Costanzo, dopo aver prevalso nella lotta contro i due fratelli, ritenendo che Giuliano non potesse più intaccare il suo potere, nel 355 d.C. lo nominò cesare e gli affidò il comando dell’esercito in Gallia. Il giovane Giuliano rivelò invece insospettate qualità di comandante e, dopo anni di vittorie militari, fu proclamato imperatore dai suoi soldati nel 361 d.C. Costanzo si ammalò e morì lo stesso anno, mentre si apprestava a muovergli guerra, e così Giuliano rimase unico imperatore, fatto insolito per l’epoca. Nel suo breve regno mostrò nell’amministrazione dello stato qualità non inferiori a quelle di comandante militare e, fra l’altro, tentò di restaurare il paganesimo, ritenendolo un presupposto della passata grandezza dell’impero. Di conseguenza allontanò i cristiani dalle cariche pubbliche, ma senza procedere a persecuzioni nei loro confronti. Preoccupato per il crescente peso geopolitico della dinastia sasanide che regnava in Persia, Giuliano la attaccò nel 362 d.C. e, dopo una serie di clamorose vittorie, morì eroicamente in battaglia l’anno successivo.
In campo monetario, dopo la morte di Costantino ci furono ulteriori modificazioni con la diminuzione del peso della siliqua e l’apparire di nuove monete in bronzo denominate maiorina e centennionale. In tale situazione caotica Giuliano, volendo ridare dignità alla circolazione del bronzo, crea una nuova moneta del peso teorico di gr. 9,09 e di diametro pari a circa 28 mm., simile al follis dei tempi di Diocleziano. Questa moneta, che per l’ultima volta nella numismatica romana riporta al rovescio un’immagine pagana, il bue Api, viene denominata doppia maiorina.
Flavio Valentiniano I
364-375 d.C.
Valentiniano non si sarebbe immaginato di diventare imperatore. La sua nomina, inaspettata per tutti, rappresentava una soluzione di ripiego: alla morte dell’imperatore Gioviano, lo stato maggiore dell’esercito riunito a Nicea aveva offerto il diadema imperiale al prefetto Sallustio, il quale per due volte l’aveva rifiutato. Altri candidati non trovarono unanimità di consensi. Infine la scelta cadde su Valentiniano, allora comandante delle truppe personali del deposto imperatore. Valentiniano accettò: era il 26 febbraio 364 e lui aveva 43 anni. Un mese dopo nominò come collega e imperatore d’Oriente il fratello Valente Augusto, avocando a sè le provincie occidentali. Dal momento della nomina fino alla morte, Valentiniano fu impegnato in campagne militari: contro il ribelle Procopio; contro i Germani, che flagellavano l’area danubiana con continue incursioni; contro gli Alamanni, che avevano conquistato Magonza; in Africa contro Firmo e i donatisti, i seguaci della dottrina scismatica professata da Donato e condannata dal concilio di Cartagine; contro i Sassoni, che minacciavano la Britannia; contro i Quadi e gli Iazigi in Pannonia. Nel 375 d.C., proprio durante un colloquio con i rappresentanti dei Quadi, Valentiniano morì, forse colpito da ictus, secondo quanto riporta lo storiografo di corte Ammiano Marcellino, lo stesso che, forse non del tutto obiettivamente, definì il suo governo molto equo e tollerante.
La monetazione di Valentiniano non è differente dallo standard del periodo e vede il solido d’oro del peso teorico di gr. 4,54, una siliqua in argento di peso inferiore a gr. 2 e una doppia maiorina in bronzo da 28 mm. di diametro e gr. 9 di peso
Flavio Teodosio I
379-395 d.C.
Nato nel 346 d.C. da una famiglia spagnola che vantava un’antica parentela con Traiano, per le sue qualità militari Teodosio fu nominato nel 379 d.C. imperatore in Oriente da Graziano, già imperatore in Occidente, secondo una ripartizione geografica del potere non definitiva ma ormai consolidata. Abbracciato il cristianesimo nel 380 d.C., Teodosio proclamò un editto in base al quale quella religione diveniva culto ufficiale dell’impero e si impegnò nella sua diffusione anche in Occidente. Si prodigò in ogni modo per tenere in piedi l’impero, spostandosi continuamente per far fronte agli attacchi esterni e alle sedizioni interne che ne minacciavano la sopravvivenza. Infine, nel 394 d.C., sconfitto il suo ultimo avversario interno, Teodosio riunì per l’ultima volta in un’unica persona tutte le prerogative imperiali. Tuttavia tale situazione durò pochissimo, poiché l’anno successivo, con la sua morte prematura, per sua stessa disposizione testamentaria l’impero fu diviso fra i suoi due figli in Impero d’Occidente, con capitale Roma, affidato a Onorio, e Impero d’Oriente, con capitale Costantinopoli, affidato a Arcadio.
Da questo momento l’impero rimase per sempre diviso in due unità statali distinte, ciascuna con proprie leggi e regole di governo. L’Impero di Occidente si sfaldò ben presto dopo una lunga agonia di 80 anni, mentre quello di Oriente proseguì la sua vita per ben dieci secoli e mezzo e rappresentò a lungo la potenza egemone del mondo medioevale nel Mediterraneo.
La monetazione di Teodosio non si discosta da quella della sua travagliata epoca e vede, accanto al solido d’oro, che mantiene il suo peso teorico di gr. 4,54, una siliqua d’argento ridotta a un peso inferiore a gr. 2 e una maiorina ridotta di bronzo del peso di circa gr. 6.
Galla Placidia
390-450 d.C.
Figlia di Galla e Teodosio I, Galla Placidia ebbe una vita tribolata in un impero romano segnato dalle pressioni dei popoli barbarici, che si ripercossero direttamente su di lei quando fu rapita nel 410 d.C. dal re visigoto Alarico durante il sacco di Roma, finendo in sposa ad Ataulfo. Alla morte di Ataulfo, fu restituita al fratello Onorio, che la costrinse a sposare il patrizio Costanzo, poi incoronato imperatore come Costanzo III; da lui ebbe due figli, tra cui il futuro princeps Valentiniano III. Alla morte di Costanzo III (421 d.C.) sorsero forti contrasti tra Onorio e Galla Placidia, che decise di fuggire con i figli a Costantinopoli, ormai capitale di un impero separato. Solo con la morte di Onorio Galla Placidia fece ritorno in Occidente e divenne reggente nel 425 d.C., anno della nomina imperiale del giovanissimo Valentiniano III. A testimonianza della grandiosità di questa augusta si erge a Ravenna il Mausoleo di Galla Placidia (chiamato così anche se le sue ceneri sono a Roma), capolavoro del tardo impero romano ornato da splendidi mosaici.
La monetazione non presenta differenze da quella di Teodosio I, salvo per la mancanza di emissioni in bronzo.
Elia Pulcheria
399-453 d.C.
Quando Elia Pulcheria ascese al trono della pars Orientis l’impero era ormai diviso fra Roma e Costantinopoli. Pulcheria tenne le redini bizantine dapprima quando ottenne la reggenza di suo fratello Teodosio II e poi affiancandolo influenzandone soprattutto la politica religiosa, al punto di convertirlo al cristianesimo e spronarlo a politiche repressive contro le altre religioni (in particolare ebrei e nestoriani).
Alla morte del fratello, per ragioni prevalentemente politiche, favorì l’ascesa al trono del militare tracico Flavio Marciano, che sposò chiedendogli di rispettare il suo voto di castità. Assieme a papa Leone Magno, Pulcheria contribuì al successo dell’ortodossia sulle eresie monofisite, e favorì l’organizzazione del Concilio di Calcedonia (che condannò appunto tali dottrine), prendendovi parte attiva. Fece costruire numerose chiese a Costantinopoli ed è venerata come santa sia dai cattolici sia dagli ortodossi.
La monetazione non presenta differenze da quella di Teodosio I, salvo per la mancanza di emissioni in bronzo.